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Diagnosi della BPCO


Le principali linee guida internazionali e nazionali ( GOLD update 2020, NICE update 2020, la gestione clinica integrata della BPCO 2014 ) sono concordi nel raccomandare che la diagnosi di BPCO ( BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva ) venga presa in considerazione in presenza di sintomi respiratori e/o storia di esposizione a fattori di rischio ( in particolare l’abitudine al fumo ) e confermata dall’esecuzione di una spirometria che dimostri l’esistenza di una ostruzione bronchiale persistente.
La spirometria dovrebbe essere eseguita dopo la somministrazione per via inalatoria di una dose adeguata di un broncodilatatore a breve durata d’azione al fine di annullare la presenza di una ostruzione bronchiale reversibile riducendo di conseguenza la variabilità fra diverse determinazioni.

Secondo le raccomandazioni delle linee guida citate:

‐ i sintomi caratteristici sono rappresentati da dispnea cronica ed evolutiva eventualmente associata a tosse ed espettorazione, caratterizzate anche da una possibile variabilità nel corso delle 24 ore;

‐ la diagnosi deve essere confermata dalla spirometria, in particolare il rapporto FEV1/FVC deve essere minore di 0.70 ( 70% ). La conferma mediante spirometria della presenza di una broncoostruzione permanente è un presupposto irrinunciabile per una scelta terapeutica appropriata;

‐ nell’ambito di una diagnosi di BPCO, in base al valore di FEV1, vengono individuati, per convenzione, 4 livelli di gravità dell’ostruzione: Lieve = FEV1 maggiore o uguale a 80% del valore teorico; Moderata = FEV1 minore di 80% e maggiore o uguale a 50% del valore teorico; Grave = FEV1 minore di 50% e maggiore o uguale a 30% del valore teorico; Molto grave = FEV1 minore di 30% del valore teorico.

In realtà è noto che l’utilizzo del rapporto FEV1/FVC minore di 0.70 ( 70% ) genera una sottostima della condizione patologica ( falsi negativi ) nei soggetti di età minore di 50 anni e un eccesso di diagnosi ( falsi positivi ) nei soggetti di età maggiore di 50 anni.
Tale parametro è però di semplice determinazione ed è stato utilizzato nella maggior parte degli studi clinici sui farmaci broncodilatatori. Sarebbe preferibile utilizzare, come limite inferiore di normalità ( LLN ), il 95° percentile del valore predetto del rapporto FEV1/FVC, comunemente conosciuto come indice di Tiffeneau, che considera età, genere e caratteristiche antropometriche: tale valore nell’uomo è pari a 88% e nella donna 89%. Non esistono ad oggi studi clinici di confronto fra i due metodi diagnostici.

Un’altra criticità è rappresentata dalla sottostima della capacità vitale misurata con curva forzata ( FVC ) rispetto alla misura con curva lenta ( VC ).

La BPCO è comunque una condizione patologica eterogenea e di conseguenza la diagnosi e la gravità di tale patologia non possono essere determinate utilizzando un solo parametro.
Le principali variabili da considerare sono le seguenti: grado di ostruzione al flusso, frequenza di riacutizzazioni, sintomatologia ( dispnea, capacità di svolgere esercizio fisico ), co-morbilità, indice di massa corporea ( BMI ).

È, infine, necessario sottolineare che, al di là della spirometria semplice, esistono indagini fisiopatologiche di secondo livello che definiscono ulteriormente il danno funzionale della BPCO. In particolare, la misura di tutti i volumi polmonari ( spirometria globale ) è utile per valutare il grado di iperinsufflazione polmonare e quello della capacità di diffusione, mediante il transfer del monossido di carbonio ( DLCO ) per rivelare la presenza di enfisema polmonare e/o per sospettare una concomitante ipertensione polmonare. Potranno poi essere eseguiti approfondimenti diagnostici con tecniche di imaging.

La BPCO è una patologia ad elevato impatto sociale e farmacoeconomico, per cui negli ultimi anni le Regioni hanno proposto dei Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali ( PDTA ) considerando: l’elevata prevalenza di BPCO nella popolazione; l’elevato rischio per la salute in termini di disabilità fisica e mortalità; la necessità di identificare modelli di integrazione tra differenti Servizi.
I PDTA propongono modelli diversi, ma con l’obiettivo comune di identificare la patologia nelle fasi precoci, nelle quali l’intervento educazionale, farmacologico e gestionale può essere più efficace.
I percorsi del paziente affetto da BPCO sottolineano la necessità dell’esecuzione della spirometria per una corretta diagnosi, stadiazione e monitoraggio.

In sommario:

- per le nuove diagnosi, una spirometria semplice ( indagine di 1° livello ) dovrebbe essere eseguita in presenza di un sospetto diagnostico e comunque dopo la risoluzione di una eventuale fase acuta quando il quadro clinico si è stabilizzato.
L’esecuzione di una spirometria durante la fase acuta non consente di definire in modo corretto il reale livello di gravità dell’ostruzione.
Il medico di medicina generale che prende in carico il paziente deve valutarlo con una spirometria semplice, eseguita nel setting della medicina generale, oppure, quando non-disponibile, inviarlo dallo specialista pneumologo o dallo specialista in medicina interna operante presso strutture identificate dalle Regioni.
I soggetti da sottoporre ad indagine sono quelli a rischio ( fumatori o con esposizione ambientale ) e che presentino dei sintomi suggestivi della patologia ( tosse, secrezioni bronchiali, dispnea ).
Dopo la valutazione della spirometria semplice, integrata dai dati clinici, il medico ( MMG o specialista ) avrà gli elementi sufficienti per indirizzare il trattamento secondo le raccomandazioni di seguito riportate.
Nel caso la spirometria semplice indirizzi verso un quadro ostruttivo grave o molto grave ( FEV1 inferiore a 50% ), oppure sia presente un quadro clinico che a prescindere dal valore di FEV1 sia considerato dal medico di medicina generale grave per la presenza di importante sintomatologia e/o frequenti riacutizzazioni, è opportuno inviare il paziente dallo specialista entro 6 mesi per eseguire indagini di 2° livello, come previsto dai LEA.

- per i pazienti già in trattamento eseguire una spirometria semplice entro 1 anno dalla pubblicazione della nota, A) se non già effettuata nei precedenti 12 mesi; B) se la spirometria è già stata eseguita, il valore FEV1 è da considerare valido per gli eventuali utilizzi prescrittivi; C) si raccomanda che la spirometria venga ripetuta mediamente ogni 2 anni, salvo esigenze cliniche particolari.
In presenza dei seguenti scenari clinici: riscontro un FEV1 inferiore a 50%; pazienti in trattamento con una associazione LABA/LAMA o LABA/ICS e che, a prescindere dal valore di FEV1, presentano una mancata / insufficiente risposta clinica alla terapia in termini di frequenti riacutizzazioni e/o persistenza della dispnea, per entrambi gli scenari clinici, entro 12 mesi dalla pubblicazione della nota AIFA è opportuno inviare il paziente dallo specialista per eseguire indagini di 2° livello, come previsto dai LEA. ( Xagena2021 )

Fonte: AIFA, 2021

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